Separazione più netta tra il Codice del terzo settore (Dlgs 117/2017) e il Codice appalti (Dlgs 50/2016). Con l’ impossibilità di applicare le regole del decreto 50/2016 a tutte le concessioni di servizi sociali, in linea con le indicazioni letterali della direttiva europea 2014/23/Ue. Sono queste le indicazioni più importanti inserite dal Consiglio di Stato nel suo parere 3235/2019, pubblicato il 27 dicembre su richiesta dell’Anac e destinato ad aggiungere un tassello rilevante alla discussa questione delle regole da applicare a tutto il mondo degli affidamenti collegati al terzo settore. Anche perché i giudici amministrativi, nelle 11 pagine del documento, rimandano al mittente le linee guida dell’Autorità anticorruzione in materia di affidamenti di servizi sociali. Secondo la ricostruzione del parere, infatti, l’Anac ha subito una revisione sostanziale dei suoi poteri di regolazione con il recente decreto Sblocca cantieri (Dl 32/2019). Quel provvedimento ha ridimensionato la categoria delle linee guida vincolanti, in vista della prossima pubblicazione di un regolamento unico sugli appalti pubblici: sono possibili solo in caso di previsione esplicita del Codice. Le linee guida non vincolanti, invece, sono sempre ammesse, ma solo per la materia dei contratti pubblici: sono fuori da questo recinto tutte le altre materie, comprese quelle relative al Codice del terzo settore. Fatte queste considerazioni preliminari, allora, il Consiglio di Stato spiega che è «necessario e opportuno restituire all’Autorità richiedente la bozza di linee guida» in materia di terzo settore. Andranno riviste alla luce del nuovo regolamento ma, soprattutto, andranno eliminati tutti gli istituti disciplinati dal Codice del terzo settore «che non possono rientrare nel campo di operatività delle linee guida non vincolanti» dell’Anac. L’ Autorità anticorruzione – va ricordato – era intervenuta con le sue linee guida per coordinare meglio la disciplina del terzo settore, inserita agli articoli 55, 56 e 57 del Dlgs 117, con la normativa esistente in materia di contratti pubblici. La mancanza di coordinamento – rilevata dalla Anac – aveva infatti portato allo sviluppo di prassi applicative disomogenee sul territorio. Tutte queste premesse hanno una conseguenza pratica, relativa alle concessioni di servizi sociali. L’Anac aveva ipotizzato che non fossero escluse completamente dall’ applicazione del Codice appalti, ma che a loro si applicasse l’ articolo 164 del Dlgs 50/2016. Un richiamo che avrebbe reso obbligatorio per interi settori legati ai servizi sociali l’ utilizzo di molte regole in materia di contratti pubblici. Per il Consiglio di Stato «questa soluzione deve essere rimeditata». Il motivo è che esiste un divieto esplicito, applicabile anche agli atti dell’Authority, di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli minimi previsti dalla disciplina europea (il cosiddetto «gold plating»). E le direttive europee dicono esplicitamente che alle concessioni di servizi sociali si applicano solo alcuni adempimenti, legati alla pubblicazione di avvisi di preinformazione e di avvisi aggiudicazione. Questo passaggio sarà certamente oggetto di interpretazioni, ma potrebbe andare nella direzione di rivedere in parte quello che lo stesso Consiglio di Stato aveva affermato il 20 agosto del 2018 (parere 2052/2018), quando aveva stabilito che l’ affidamento dei servizi sociali, comunque sia disciplinato dal legislatore nazionale, «deve rispettare la normativa pro-concorrenziale di origine europea» e, quindi, il Codice appalti. Stando alle nuove indicazioni dei giudici, quando il rapporto assume la forma di una concessione, non sarebbe applicabile, se non in parte minima, il Codice appalti. E la conclusione è molto rilevante, perché gli articoli 55, 56 e 57 del Dlgs 117/2017 sono imperniati proprio su una logica concessoria. Probabile, comunque, che in futuro servano altri chiarimenti per indicare la strada agli operatori.

fonte: SOLE 24 ORE – Giuseppe Latour